La morte di Ciro Esposito, le responsabilità sugli atti violenti al di fuori dell’Olimpico, il ruolo dei social network, la politica allo stadio e gli accoltellamenti (le “puncicate”). Con un lungo comunicato reso pubblico a fine agosto (ma val la pena trattarlo anche adesso), la curva Sud della Roma ripercorre gli ultimi anni del tifo più caldo giallorosso fino ad arrivare alla tragica morte di Ciro Esposito. Ed è proprio partendo dalla finale di Coppa Italia che inizia il comunicato degli ultras romanisti. Una tragedia di enormi proporzioni che esula dal mondo ultras e che ha oltrepassato le regole di ingaggio tipiche degli ultras, affermano gli esponenti della Curva.
Ci furono polemiche nei giorni successivi perché in curva Sud, durante Roma-Juventus, fu esposto uno striscione di vicinanza nei confronti di Daniele De Santis. “Era solo per dare coraggio ad un ragazzo su un letto di ospedale”, spiegano i tifosi (ma a fine giugno ci fu un altro comunicato in cui la curva “non rinnegava un fratello”). Gli autori della lettera spiegano anche che una “presenza ufficiale” ai funerali di Ciro Esposito poteva essere interpretata male.
Il punto sulle responsabilità. Gli autori del comunicato ammettono che è mancato un coordinamento per arginare il fenomeno dei cani sciolti che accoltellano tifosi avversari inermi, ma accusano la stampa, rea di creare continui allarmismi per le partite a rischio, e le istituzioni per l’introduzione della tessera del tifoso. Il terzo punto riguarda il ruolo dei social network e del web in generale. Una dimensione molto distante dal vecchio modo di intendere il mondo ultras e da cui gli ultras dell curva Sud si dissociano. Il quarto punto è sul ruolo della politica in curva: gli esponenti della Sud mettono all’ultimo posto, per ordine di importanza, questo argomento. Infine, il tema della “puncicate”, ovvero gli accoltellamenti. L’ammissione del problema è palese, ma è stato fatto poco per arginare il fenomeno, spiega il comunicato.
Il comunicato della curva Sud della Roma
CURVA SUD….RICOMINCIAMO!
Assurde leggi liberticide, mitomani da tastiera, spirali di violenza fomentate dai soliti burattinai. E’ arrivato il momento, per noi ultras della Roma, di fissare un punto zero e ricominciare. E’ arrivato il momento di ammettere le proprie responsabilità ed impegnarsi verso un nuovo corso.
Noi siamo soliti scrivere per spiegare pubblicamente le nostre posizioni, ma tutti gli avvenimenti che sono succeduto alla morte di Ciro Esposito impongono una riflessione approfondita sul nostro modo di vivere ultras, soprattutto per la crescita delle nuove generazioni che riempiranno le curve nei prossimi anni.
1) Finale di Coppa Italia
La morte di Ciro Esposito è per noi una tragedia abnorme, che però, per come è avvenuta, esula dal mondo ultras. E’ una vicenda disgraziata e dolorosa che ha distrutto la vita di due famiglie, portando alla morte assurda di un giovane ed alla quasi sicura amputazione della gamba di un altro. Si sono oltrepassate, di molto, le regole di ingaggio tipico dello scontro tra tifoserie.
Ci è stato criticato di non aver inviato una delegazione ufficiale ai funerali: alcuni hanno detto che non ci siamo presentati per paura, altri invece che non lo abbiamo fatto come gesto di sfida e disprezzo nei confronti dei tifosi partenopei. Né l’una né l’altra cosa spiegano le nostre scelte.
Abbiamo infatti pensato che una presenza ufficiale potesse creare tensioni in un giorno che doveva unicamente essere dedicato al ricordo di un ragazzo tragicamente scomparso. Avevamo il timore che la nostra presenza potesse essere strumentalizzata dai soliti giornalisti che, già nei giorni precedenti i funerali, avevano scommesso sugli incidenti durante la celebrazione, fomentando un clima di tensione esasperato.
Alcuni di noi erano presenti quel giorno in forma strettamente personale e, quando si sono spenti i riflettori, ci siamo rivolti direttamente alla famiglia Esposito, come nel nostro stile: senza proclami, né pubblicazioni.
Ci è stato poi criticato lo striscione di solidarietà per Daniele De Santis; la stampa lo ha dipinto come un atto di sfida. Niente di tutto ciò. E’ stato solo un gesto, fatto sicuramente nei modi e nei tempi sbagliati (di questo ci prendiamo le nostre responsabilità), per dare coraggio ad un ragazzo che, allora come ora, si trova in un letto di ospedale.
2) Responsabilità
Se il governo vara leggi liberticide per nascondere il fallimento della tessera del tifoso, è soprattutto colpa di tutto il mondo ultras. Visto però che siamo soliti non parlare degli altri, diremo quali sono state le principali responsabilità degli ultras della Roma.
La Curva Sud non ha retto al ricambio generazionale. Abbiamo continuato a sopravvivere, tranne qualche breve periodo, adagiamoci sulle gesta dei ragazzi che, negli anni 70 e parte dei 90, hanno reso la Sud una delle curve più ammirate, odiate e rispettate d’Italia dentro e fuori lo stadio.
Questo rilassamento ha portato ad un non controllo dei ragazzi più giovani che si sono avvicinati alla curva; abbiamo permesso che improvvisati capitani di ventura si ergessero a leader, dettando comportamenti difformi da quello che è stato (e dovrà tornare ad essere) il nostro stile.
E’ mancato un indirizzo univoco della Curva Sud nel suo insieme e questo ha portato ad una inevitabile libertà di comportamento delle nuove leve che, con le loro azioni, hanno gettato discredito sulla reputazione di una curva intera.
Le “puncicate” date ad ignari sessantenni ed a studenti fuori sede, tanto per capirci, non sono assolutamente gesti ultras ma azioni vili che noi abbiamo la colpa di non aver arginato.
Questa è sicuramente la nostra responsabilità principale; aver permesso che gesti vigliacchi, commessi da giovani cani sciolti senza controllo, caratterizzassero una intera curva.
E’ mancata una regia di coordinamento delle azioni. Ne è riprova il fatto che, nel corso degli anni, abbiamo “regalato” al Sistema un pretesto per nuovi giri di vite nella repressione del fenomeno ultras.
Ogni volta che, prima di una partita “calda”, la grancassa dei pennivendoli ha pompato per tutta la settimana il pericolo di incidenti tra opposte tifoserie, noi ci siamo caduti in pieno.
La nostra mancanza di coordinamento ha avuto, come risultato, che succedesse proprio quello che stampa e governo si aspettavano, nei modi e nei tempi necessari per creare il problema sociale della presenza degli ultras negli stadi. Un problema da affrontare con energia e sbattere in prima pagina, magari per coprire qualche provvedimento impopolare da far passare sotto silenzio.
La tessera del tifoso ha fallito? Anziché ammettere i proprio errori il governo ha preferito varare nuove ed assurde leggi liberticide.
Chi gli ha dato il pretesto? Noi.
3) Social Network
L’ultras, per il suo modo di vivere il tifo, è naturalmente portato al silenzio. Le sparate in rete, con la conseguente accensione dei riflettori, non fanno assolutamente parte del suo vivere. Con la diffusione dei social network si è data a tutti la possibilità di diventare eroi da tastiera e di parlare a nome e per conto di altri, nel più perfetto anonimato. Chiunque sia stato anche solo una volta in Curva Sud, sul proprio profilo, si sente in diritto di scrivere assurdità che prezzolati giornalisti pubblicano come posizione di una tifoseria intera. Dietro ad una tastiera può esserci un mitomane che allo stadio non è mai andato, come qualcuno che, ad arte, fomenta e alza i toni per raggiungere i propri obiettivi.
Noi, ultras della Roma, siamo soliti mettere la faccia in quello che facciamo, nel bene e nel male. Preferiamo un incontro “vecchie maniere” con le tifoserie avversarie piuttosto che dilungarci con insulti sul web.
Per come viviamo il modo di seguire il calcio, è inconcepibile per noi divulgare foto, filmati e quant’altro possa agevolare il lavoro delle forze del disordine o quello dei burattinai dell’informazione.
Sia chiaro a tutti, quindi, che le posizioni degli ultras della Roma non saranno mai lette sui profili social di nessuno.
4) Politica allo stadio
Le mappe politiche della curva sono temi per gionalisti. Ognuno ha le proprie convinzioni politiche ma, quando si è allo stadio, si è accomunati solamente dal modo di vivere la passione nei confronti della propria squadra di calcio. Volere a tutti i costri intrecci tra tifo e movimenti estremisti (di destra o di sinistra) è un tentativo per aumentare, nella percezione dell’ignaro uomo di strada, la pericolosità del fenomeno ultras. La curva è uno degli ultimi avamposti aggregativi di giovani presenti nella società odierna: è questa la realtà che spaventa il sistema. Ed è per questo motivo che viene tentata in ogni modo qualsiasi cosa possa portare ad una demonizzazione del fenomeno.
La politica è l’ultima cosa di cui ha bisogno la Curva Sud in questo momento!
5) “Puncicate”
A Roma, l’uso del coltello per dirimere controversie è un fatto tradizionale. Basta scorrere i racconti della Roma dei Belli per vedere come, all’epoca, i regolamenti di conti tra i Rioni si svolgesse a colpi di sassi e coltello. Questa tradizione si è tramandata fino ai giorni nostri entrando fin dentro lo stadio.
Siamo considerati tra le tifose italiane come accoltellatori.
Un giudizio sommario che certo non ci fa piacere, tanto più che le “puncicate” che ci vengono addebitate sono inferte da giovani cani sciolti ai danni di ignari tifosi ospiti inermi. Questo fenomeno deve essere arginato, non possiamo permettere che il giudizio sulla nostra curva sia formulato sulla base di azioni di vigliacchi che, non avendo le palle per scontrarsi alla pari con altre tifoserie, attaccano supporters avversari che si recano allo stadio solo per vedere la partita.Dobbiamo cercare di ripristinare all’interno della nostra curva, quelle regole di ingaggio non scritte, che disciplinano gli “incontri” tra opposte tifoserie.
In base a tutte queste considerazioni, comunichiamo che, dalla prossima stagione calcistica gli ultras della Roma si riuniranno come sempre in Curva Sud per cercare di gettare le fondamenta per la ricostruzione di una curva che, in virtù della sua storia, deve necessariamente a brillare di luce propria.
GLI ULTRAS DELLA ROMA
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