Nella storia recente è sempre stata la nazionale di ‘qualcuno’, un’etichetta che spesso è stata assegnata più dalla stampa che dai vari commissari tecnici. Negli anni 90 è stato il turno Roberto Baggio, poi per un decennio del duo Del Piero-Totti che si sono tolti lo scettro di giocatore simbolo diverse volte, ed infine c’è stata la nazionale di Germania 2006, guidata da Marcello Lippi in panchina e Fabio Cannavaro in campo, cioè quella di un gruppo che poteva contare su ottimi giocatori ma non aveva un “faro” in grado di trascinare da solo i compagni, complice anche l’infortunio di Totti che non ha permesso al capitano giallorosso di arrivare al mondiale in condizioni ottimali.
Adesso il CT Cesare Prandelli non può contare sull’abbondanza di talenti di cui hanno goduto Sacchi, Trapattoni e Lippi, e per questo è costretto a fare di necessità virtù. Questa sua nazionale ha bisogno di un trascinatore, un giocatore che non ha paura degli avversari, in grado di fare la differenza su tutti i campi. Il nome giusto secondo Prandellli è quello di Mario Balotelli che dalla sua, oltre alle doti tecniche e atletiche straordinarie, ha anche la giovane età, a differenza di Pirlo e Buffon, ultimi residuati con De Rossi e Barzagli, della nazionale laureatasi campione del mondo ormai 7 anni fa.
Affidare un ruolo da protagonista a Mario Balotelli è indubbiamente rischioso; il ragazzo promette cambiamenti di rotta, ma poi cade sempre negli stessi errori, misurando poco comportamenti e parole in campo. Forse è anche per regalargli un’ulteriore opportunità di crescita che Prandelli ha detto chiaramente che sarà lui il punto fermo della nazionale che andrà in Brasile, il giocatore intorno al quale verrà costruito tutto il resto. Oggi è arrivata una nuova investitura anche da parte di Giorgio Chiellini, uno che in nazionale ha giocato quasi il triplo delle volte di Super Mario e che frequenta gli ambienti di Coverciano dal lontano 2004, quando Balotelli era ancora un adolescente:
“Questa è e sarà sempre l’Italia di Balotelli. Anche se si può giocare senza di lui, come senza di me o di qualunque altro. Mario antipatico a qualcuno? È la storia della sua carriera, non conta se è giusto o sbagliato. Lui è fatto così, e la nazionale lo ha aiutato a togliere qualche antipatia”.
Per essere dei leader in una squadra di club o in una nazionale non è sufficiente saperci fare con il pallone, ma bisogna prendersi delle responsabilità trasmettendo fiducia agli altri compagni. Ce la farà Mario? Citando il grande Lucio Battisti, ‘lo scopriremo solo vivendo’.
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