Sassuolo – Roma 0-2: i giallorossi vinco al Mapei Stadium di Reggio Emilia, ma ad uscire sconfitta non è solo la squadra di casa. L’arbitro Rizzoli, il fischietto che rappresenterà l’Italia ai Mondiali di Brasile 2014, è stato protagonista di un episodio che generalmente siamo soliti vedere nei campetti di periferia. Al 36’ del primo tempo, l’attaccante nero verde Sansone, uno dei migliori dei suoi al termine della partita, cade in area dopo un contatto con il difensore giallorosso Benatia. In un primo momento Rizzoli sembra deciso a lasciar correre, ma l’arbitro addizionale Peruzzo gli segnala il fallo di Benatia, inducendolo a decretare il penalty. Si batte il tiro dagli undici metri? Niente affatto, Rizzoli non è convinto e si consulta ancora con Peruzzo prima di avviare un conciliabolo con i giocatori di ambo le squadre che accerchiano entrambi gli ufficiali di gara.
Alla fine, Rizzoli torna sui suoi passi e decide che quello su Sansone non è calcio di rigore. Ma come giunge l’arbitro a questa decisione? In modo alquanto singolare, una cosa che non ha precedenti nel calcio professionistico: l’arbitro avvia una sorta di processo nel rettangolo di gioco, interrogando i giocatori. Non fidandosi né di quello che ha visto, né di quello che gli ha segnalato Peruzzo, Rizzoli chiede a Sansone se sia stato atterrato o meno “Dimmi la verità, dimmi la verità”. Benatia, interrogato, replica di aver sì toccato l’avversario, ma che il contatto sia stato leggero e non passibile di calcio di rigore. Il difensore giallorosso è convincente e si riparte con il pallone restituito alla Roma dopo 5 minuti di conciliabolo. Stranamente, al termine del primo tempo, il recupero sarà di soli 3 minuti.
La moviola dei principali media, gli dà pure ragione, perché Benatia si appoggia con la mano sul corpo di Sansone, ma non così tanto da mandarlo rovinosamente a terra, non essendoci contatto tra i piedi. Certo è che si è trattato di un episodio che non fa di certo onore alla categoria e che getta nubi sul rapporto e sull’utilità, a questo punto, dei giudici d’area.
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