E come l’anno scorso… e come l’anno prima… A Cagliari i buu razzisti sono ormai una becera moda che si ripete ciclicamente, qualunque sia l’avversaria del club rossoblu. Due anni fa è toccato a Blaise Matuidi della Juventus, lo scorso anno allo stesso centrocampista francese e al centravanti Moise Kean durante il match giocato dai bianconeri in terra sarda. Ieri sera, invece, la vittima degli stupidi insulti razzisti è stato il centravanti dell’Inter, Romelu Lukaku.

L’ex Manchester United è stato oggetto di buu razzisti prima e dopo il calcio di rigore messo a segno al 72°. Attenzione, anche in questo caso, esattamente come in passato, i buu razzisti sono arrivati da una fetta della tifoseria di casa e non da tutto lo stadio del Cagliari, generalmente civile e sportivo. Questo però non basta a limitare un fenomeno che le istituzioni sportive non riescono ad arginare in alcun modo. Che siano 1.000, 100 o anche uno solo a rendersi protagonista di comportamenti razzisti, perché non si interviene?

Esattamente come in occasione di Cagliari-Juve del mese di aprile, l’impressione è che anche stavolta gli ispettori federali chiuderanno un occhio, perché gli insulti non erano chiaramente udibili in tutto lo stadio. Per colpire questa gentaglia servono effettivamente impianti più moderni in stile Premier League, con tecnologie in grado di individuare immediatamente anche un solo scalmanato. Si tratta comunque di un fenomeno culturale, che si può arginare anche e soprattutto con un lungo processo di sensibilizzazione.

Conte: “All’estero c’è più rispetto”

Lo ha sottolineato alla fine della partita anche il tecnico dell’Inter, Antonio Conte:

“Non ho davvero sentito nulla dalla panchina. Tuttavia, è vero che in Italia in generale è necessaria una maggiore istruzione. Quando sei all’estero c’è più rispetto, i fan pensano solo a sostenere la loro squadra”.

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ultimo aggiornamento: 02-09-2019


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