Un marchio di fabbrica esiste in quanto tale, in altre parole se ti chiami Pep Guardiola e da anni esporti una concezione di calcio non puoi esimerti dal traslocare i tuoi diktat dalla Catalogna alla Baviera: un tempo, recente recentissimo, esisteva il Barcellona dei mille passaggi ad esaltare la tecnica e ad irretire gli avversari, oggi quella filosofia di gioco è di stanza al Bayern Monaco dove il fascinoso allenatore spagnolo ha messo le tende e ha imposto il suo credo. Partenza con qualche difficoltà (sconfitta in Supercoppa di Germania, vittoria thrilling in Supercoppa Europea), poi il carrarmato bavarese ha cominciato a far girare i suoi cingoli nella maniera giusta e così in Germania come in Europa, gli avversari hanno cominciato a tremare. Tiki-taka 2.0, invertendo l’ordine degli addendi il risultato non cambia. Per la gioia degli ammiratori, per la disperazione dei detrattori.
A Manchester sponda City, otto giorni fa i campioni continentali hanno trucidato i padroni di casa: uno, due e tre, tris di gol dei soliti noti (Robben, Muller e Ribery) e citizens al tappeto (magra consolazione il gol della bandiera di Negredo). Venti tiri a nove, 60% di possesso palla contro il 40 dei britannici, doveva essere il derby spagnolo delle panchine, è stata la solita mattanza del Bayern impietoso di triturare l’avversario di turno. E di farlo correre a vuoto per tanti, tantissimi minuti come certifica il video di un possesso palla infinito della banda di Guardiola ai danni dei ragazzi di Pellegrini: colonna sonora alla Benny Hill Show, immagini velocizzate, cento secondi di interminabile “melina“. Divertente? Bello? Spettacolare? La questione è nota: è un modo di interpretare il calcio, un modo come un altro. A chi piace, a chi no.
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