Sette gol segnati in 180′ minuti e nessuno subito. Il Bayern Monaco non solo è riuscito a conquistare la finale di Champions, ma ha anche disintegrato il Barcellona e la sua filosofia del tiki-taka che anche oggi, come all’andata, è servita solo a primeggiare nelle statistiche del possesso palla (57% a 43% in favore dei catalani). E’ pur vero che al Barça è mancato Messi, in un certo senso assente anche la scorsa settimana nonostante abbia giocato per tutti e novanta i minuti.

Probabilmente con un Messi al top della condizione il parziale finale non sarebbe stato di 7-0, non solo per quello che è in grado di fare ‘da solo’ l’argentino, ma anche per le sicurezze che può regalare ad una squadra intera il poter contare sul giocatore più forte al mondo, o comunque il più decisivo, degli ultimi 5-6 anni. Con o senza Messi, il Bayern Monaco è parso spietato e troppo ben organizzato per il Barcellona attuale. Molti pensavano che ci sarebbe voluta una nuova ‘rivoluzione tattica’ per vedere il Barcellona perdere in questo modo, ed invece ai freschi campioni di Germania è bastato rispolverare un ‘vecchio’ schema, il 4-2-3-1, già utilizzato in passato da diverse squadre, interpretandolo in base alle proprie caratteristiche.

Spilungoni bravi con i piedi e disposti al sacrificio. La sintesi delle caratteristiche di Mandzukic che pressa come un matto i portatori di palla avversari in fase di non possesso, e punta la porta quando la palla ce l’ha la propria squadra. Sarebbe riduttivo però limitarsi a parlare del croato e di tutti i chilometri che corre per infastidire gli avversari. Il Bayern Monaco ha dimostrato che non basta controllare il pallone per riuscire a primeggiare; squadra corta, pressing corale, passaggi e verticalizzazioni di ‘prima’ saranno pure concetti vecchi nel calcio moderno, ma restano sempre efficaci.

E’ impressionante come il Bayern riesca a coprire tutto il campo in orizzontale quando deve riconquistare il pallone. L’ha fatto in questa doppia sfida contro il Barcellona, ma ancora di più contro la Juventus nei quarti di finale, abituata nella nostra Serie A a far ripartire l’azione dalla difesa. I bianconeri di Conte hanno trascorso gran parte del tempo nel doppio confronto con la squadra di Heynckes a cercare di impostare, senza risultati, il proprio gioco. Difficile o quasi impossibile farlo quando ti trovi di fronte una squadra che gioca tutta raggruppata in 25 metri che si sposta come fosse un’entità dotata di un unico cervello, difendendo ed attaccando con tutti gli effettivi.

Per battere questo Bayern Monaco ci sarebbe bisogno di tanta qualità per poter far ‘transitare’ il pallone incolume nella ragnatela rossa, ma soprattutto ci vorrebbe una forza fisica tale da riuscire a contrastare la prestanza e la rapidità dei bavaresi, sempre pronti a verticalizzare dopo aver intercettato un passaggio. Contro il Bayern Monaco la Juventus è sembrata giocare le peggiori partite dell’era Conte, ma i meriti, a maggior ragione dopo queste semifinali, non si possono che attribuire ai tedeschi ed alla loro aggressività che non le ha mai permesso di prendersi il tempo di ragionare per mettere la testa fuori dal guscio.

La Juve deve crescere ancora tantissimo, ma se non altro ha dimostrato maggiore solidità del Barcellona dei campionissimi, composto per lo più da giocatori che hanno vinto tutto con il club e con la nazionale, che in queste due partite sembravano degli sprovveduti catapultati su un palcoscenico troppo importante per le proprie capacità. Anche se lo stesso Conte sabato scorso ha preferito, almeno davanti ai giornalisti, non rivalutare la sua eliminazione dopo il 4-0 inferto dai tedeschi al Barcellona all’Allianz Arena, i suoi ragazzi si potranno comunque consolare in qualche modo.

Il gap tecnico e tattico con il Bayern Monaco esiste ed è evidente, ma forse la Juve, con tutti i suoi limiti tecnici e di esperienza, non è poi così lontana dalle altre big d’Europa che hanno primeggiato in questi ultimi anni. Anzi, forse è già un passo avanti.

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