Povero Cagliari, povera Sardegna: la squadra isolana, orgoglio dei quattro mori e di migliaia di sardi, non ha una casa, costretta a emigrare, a giocare nel silenzio di uno stadio vuoto, quando va male addirittura a perdere senza scendere in campo. Uno scempio, una pena, zero colpevoli evidenti, solo vittime che si rimbalzano le responsabilità, quando a ben giudicare alla fine chi ha dovuto subire l’ingiustizia più grande sono stati i tifosi rossoblù e i valorosi giocatori agli ordini del duo Lopez – Pulga. Abbonati o meno, loro, i sostenitori di Conti e compagni hanno sempre mostrato un attaccamento e una compostezza da premio Nobel per la pace: trasferte chilometriche per partite in teoria in casa e il sacrificio di non vedere le gare casalinghe dei proprio beniamini perché impegnati a incitarli… da fuori lo stadio. Non in ciabatte di fronte alla tv, ma lì, fisicamente vicino a loro, vittime in ugual misura.
Il popolo sardo, esempio di civiltà e di composta rassegnazione, ha trasferito ai calciatori un senso di appartenenza e di responsabilità encomiabile: giocare senza il sostegno della propria gente e vincere tre partite su tre (le ultime “in casa” contro Torino, Sampdoria e Fiorentina, nove reti realizzate), amare la maglia, fare gruppo, dare il 101% senza sapere dove e se scendere in campo, con un presidente dietro le sbarre e un direttore sportivo che annuncia la crisi. Ecco, appunto, la società, il pasticcio per forza di cose lo ha creato anche lei: il Cagliari Calcio non aveva valutato bene, la coraggiosa campagna abbonamenti estiva testimonia l’ottimismo. Ma seppur a forza di comunicati e di autoconvincimenti non ha mai abbandonato i tifosi, gli abbonati saranno anche rimborsati da maggio. Con una promessa:
“Dai primi di maggio il Cagliari Calcio farà partire la campagna rimborsi per gli abbonati. Verrà risarcita la quota partita per le gare alle quali gli abbonati non hanno potuto assistere a causa delle note vicende legate allo stadio Is Arenas. La società si scusa ancora una volta per i disagi subiti dagli abbonati, seppure non dipendenti dalla sua volontà, e annuncia che non aprirà più una campagna abbonamenti sino a quando non avrà una casa definitiva e confortevole dove poter ospitare i propri tifosi”.
Una resa, pochi o nulli gli spiragli di luce: il de profundis di Francesco Marroccu, ds cagliaritano, rincara la dose:
“Abbiamo scritto la parola fine del Cagliari in Sardegna. Emigriamo. Ormai ci troviamo costretti a prendere in considerazione l’ipotesi di giocare nella Penisola. Ci hanno messi all’angolo e non abbiamo più alcun margine di manovra. Ora la parola passa ai nostri legali. A malincuore dobbiamo andar via e penso ai nostri tifosi, alla gente, all’Isola e alla tristezza dei giocatori che non potranno sentire nemmeno da lontano, le urla dei loro sostenitori”.
Contro l’Inter, prossima avversaria del Cagliari fra otto giorni, prende sempre più piede l’ipotesi Trieste: anche la stagione scorsa il Cagliari fu costretta a emigrare giocando la prima partita al Rocco proprio contro i nerazzurri di Stramaccioni. Poi Udinese, Parma e Lazio. Quindi la fine dell’ennesima agonia.
Riproduzione riservata © 2024 - CALCIOBLOG