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I cori contro i napoletani non si fermeranno perché la “discriminazione” è a senso unico

cori napoletani

La minaccia di sospendere le partite per i cori di discriminazione territoriale non spaventa gli ultrà ed anche se a venire allo scoperto “ufficialmente” siano solo quelli dell’Atalanta, il sentimento è assai diffuso. La curva Nord del club bergamasco ha diramato una nota tramite la propria pagina Facebook per mettere le mani avanti in vista della sfida in programma lunedì tra gli orobici e il Napoli di Carlo Ancelotti. Sulla pagina “Sostieni la curva” è apparso un comunicato dal titolo inequivocabile: “Noi non siamo napoletani”. Andiamo a leggere le loro motivazioni…

“Bergamo – esordisce il comunicato – un’altra volta sarà il banco di prova per l’ennesimo strumento di repressione: ecco che si torna a parlare di razzismo, nello specifico di discriminazione territoriale. Qualcuno dice che dobbiamo essere più intelligenti, qualcun altro che non dobbiamo cadere nella trappola. Noi rispondiamo che saremo quelli che siamo sempre stati”. La bocciatura nei confronti delle istituzioni calcistiche è senza se e senza ma: “Non accettiamo lezioni da nessuno, tantomeno da gente incapace di organizzare campionati e da chi nel calcio ha piazzato dirigenti che hanno definito i calciatori di colore mangiabanane e le donne calciatrici handicappate (come dar loro torto, ndr). Bergamo ha sempre schifato i cori beceri e gli ululati razzisti, ha dimostrato di essere sempre stata una piazza matura e credibile. Per noi è sempre stata una questione di campanilismo e non di razzismo: ben venga quando sentiamo Bergamasco contadino cantato a gran voce nella maggior parte degli stadi italiani, ben vengano gli odio Bergamo”.

Insomma, il razzismo e la discriminazione qui non c’entrano nulla secondo gli ultrà dell’Atalanta, si tratterebbe solo di sfottò: “Tutto questo vissuto non ci ferisce, non lo reputiamo razzismo ma ci lega semplicemente di più alla nostra terra, ci rende ancora più fieri delle nostre origini. Noi non siamo napoletani, la cosa è abbastanza evidente per tutti ma non per qualcuno”. L’atteggiamento è insomma di sfida nei confronti del “palazzo” che tramite il presidente della Figc Gravina ha minacciato la sospensione delle partite, mentre in settimana il giudice sportivo ha multato e diffidato Juventus, Roma e Udinese per i cori contro i napoletani.

Discriminazione territoriale? No, a senso unico

Chi scrive è uno che quelle volte in cui riesce ad andare allo stadio lo fa solo ed esclusivamente per incitare la propria squadra. I cori contro chiunque non mi piacciono per nulla (quelli contro Napoli men che meno, essendo una città che mi sta particolarmente a cuore), mi danno anche abbastanza fastidio e penso che, con la buona volontà, si possano tranquillamente superare. Detto questo, l’atteggiamento degli ultrà si può anche per certi versi comprendere, anzi lo si deve comprendere se si vuole davvero superare la questione. In settimana, infatti, come confermato anche dal giudice sportivo, la Juventus (con Roma e Udinese) è stata multata per i cori “Napoli usa il sapone”, ritenuti rappresentanti discriminazione territoriale (i cori sul vesuvio di cui ha parlato ad esempio l’Ansa, e che meritano un discorso a parte, non sono mai stati intonati). Ok, se il metro è questo, però, non si capisce perché, ad esempio, possa essere tollerato un coro: “sporchi juventini” (o milanisti, interisti… metteteci qualunque altra tifoseria). All’inizio di ogni match del Napoli al San Paolo, ad esempio, i sostenitori dei partenopei cantano “juventino ciucciapiselli” (lo devo scrivere così per com’è, mi spiace): non è un coro rappresentante discriminazione (di genere)?

Di esempi se ne potrebbero fare tantissimi, basta googlare per rendersi conto che nelle curve di tutta Italia vengano intonati cori che possono rappresentare discriminazione, ma sembra che ultimamente ci sia la volontà di agire solo in una direzione. È pur vero che il Napoli è l’esempio lampante di squadra che si identifica con una città, ma vi sono in questo senso tanti altri casi: il Bologna e i bolognesi, il Parma e i parmensi, possono essere tranquillamente insultati senza essere tacciati di discriminazione o razzismo territoriale? Fin quando si continuerà con la disparità di trattamento e soprattutto non si eliminerà la responsabilità oggettiva, purtroppo, non si farà mai un passo avanti nella crescita culturale delle curve. Minacciare di fermare le partite o ancora peggio dare sconfitte a tavolino aumenterebbe solo il potere di ricatto da parte degli ultrà e rappresenterebbe in un certo senso la morte del calcio. Sì, perché a quel punto non dovrebbe arrivare al 90′ nessuna partita: chi dice che è peggio “napoletano puzzolente” di “noi non siamo sporchi romani”? Così si va verso un punto di non ritorno…



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