A due giorni dalla ripresa del campionato, Morgan De Sanctis riattizza le polemiche sugli arbitraggi. Il portiere della Roma in un’intervista concessa a La Gazzetta dello Sport, torna sul match (da lui non disputato per infortunio) perso contro la Juventus e su tutto quello che ne è seguito:
Dico solo che i vincitori dovevano abbassare i toni e invece è stato il contrario. Io dico che discutere non è negativo. Il calcio vive di polemiche e teatralità. Con 20 anni di calcio alle spalle, Totti ha fatto bene a parlare dopo il match. Bisogna saper perdere, ma si fa fatica ad accettare certe decisioni perché si ha la sensazione di non giocare ad armi pari.
De Sanctis dà dello smemorato a Buffon, che di fatto aveva invitato Totti ad accettare la sconfitta:
Io e Gigi siamo anziani e forse stiamo perdendo la memoria. Lui poi in carriera ha avuto molti più successi che delusioni. I giocatori della Juve sbagliano a sentirsi perseguitati. Sono uguali agli altri e si comportano alla stessa maniera: l’unica differenza è che in Italia vincono spesso. Come dicono a Torino? “Vincere non è importante: è l’unica cosa che conta”. Dovrebbero aggiungere: “E non ci interessa tanto come”. Non parlo di furti, intendo dire che dovrebbero ammettere di essere stati fortunati e non trincerarsi dietro la tesi dell’accerchiamento. Io a Gigi posso insegnare come si perde; un giorno però spero di potergli insegnare anche come si vince.
Non è finita, perché il portiere 37enne e consigliere federale (di opposizione) asserisce senza mostrare dubbi che “la sudditanza psicologica esiste”. E spiega di averne avuto prova quando giocava nella Juve e in particolare nella stagione 1997-98, all’epoca del famoso rigore negato a Ronaldo:
Nell’Udinese devi accettare cose che non sempre si verificano ma non ti sorprendono. Con Napoli e Roma si verificano meno. Sulla Juve occorre fare una valutazione generale: tutto quello che ha vinto nel calcio italiano non è proporzionale a quello che ha vinto all’estero. Ed è un qualcosa che fa riflettere…
De Sanctis del mondo del calcio, che definisce “lo specchio del Paese”, ne salva solo “la parte migliore”, ossia “i giocatori e i tifosi”. Quindi stigmatizza le dichiarazioni di Platini su Juve-Roma perché “da presidente Uefa non è stato opportuno parlarne” e bolla come “fuori luogo” quelle di Pavel Nedved su Totti. Quindi torna a parlare di arbitri e di “sistema italiano”:
Prima di Calciopoli la classe arbitrale era poco libera nei fatti, l’attuale invece è libera e bisogna concedere loro l’errore. Non c’è disonestà intellettuale, ma purtroppo il sistema italiano si muove con leggi non scritte in cui il potente ha sempre ragione e gli si può concedere tutto.
De Sanctis sostiene che la Juve abbia persino una tattica per influenzare le decisioni arbitrali, soprattutto nelle fasi più complicate di una partita:
Ho ancora nella memoria i flash dopo il primo rigore per il mani di Maicon e dopo il gol di Totti: è assurdo che 4-5 juventini debbano andare a protestare da Rocchi, che è bravissimo. È una situazione studiata che usano nei momenti d’indecisione.
C’è spazio anche per la consapevolezza – un po’ presuntuosa – della forza della sua Roma, che sarebbe superiore alla Signora:
Lo scudetto lo vincono le più forti e noi e la Juve lo siamo, ma a Torino abbiamo dimostrato di essere meglio di loro. Per la Champions faremo il possibile, però la corsa è al titolo. Guardi che non vogliamo arrivare secondi, ma vincere. Possiamo farcela, e l’abbiamo capito dalle loro reazioni.
Infine, il ricordo della Supercoppa persa dal suo Napoli nel 2012 contro la Juve. De Sanctis la definisce “l’amarezza più grande della carriera” e “una pagina non bella del calcio italiano”. Ma in chiusura ammette che accettare la decisione di De Laurentiis e non presentarsi alla cerimonia di premiazione “fu una cosa sbagliata”.
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