Filip Djordjevic, attaccante serbo della Lazio a cui spettava il compito di poter “gestire” Klose e anche un po’ della sua eredità tecnica, è uno degli uomini copertina dell’attuale Serie A. Classe 1987, prelevato dalla Ligue 1 con un colpo fortemente voluto da Igli Tare, il centravanti si sta dimostrando all’altezza della situazione: al tecnico Pioli ricorda il giovane Vieri, alcuni altri rivedono in lui caratteristiche di suoi connazionali del passato tra cui soprattutto Savo Milosevic (Parma). Il punto è però un altro: perché l’Inter, che aveva in pugno il giocatore nel gennaio scorso, decise di non chiudere l’affare?
Erano mesi di gran confusione ad Appiano, non c’è dubbio. Sono i giorni appena precedenti all’affaire Vucinic-Guarin, tanto per capirsi. La dirigenza nerazzurra non vorrebbe trattare con la Juve, Mazzarri insiste, Thohir ha dato ampie deleghe (verbali). Infine la vince l’allenatore che di Djordjevic in quel momento non vuol sentir parlare nonostante Ausilio abbia ottime referenze e abbia anche di fatto l’accordo con il giocatore per uscire con un piccolissimo indennizzo e non a parametro zero a giugno.
La Lazio c’è già, si sente sorpassata, Lotito va su tutte le furie, capisce però che il giocatore non gli ha voltato le spalle: l’Inter ha un alto richiamo e offre il 50% di più d’ingaggio. Quando i nerazzurri esitano, il serbo non lo fa e firma con i biancocelesti. Per l’Inter si apre la grana Vucinic, che tutti conoscono, con Thohir che su suggerimento di Moratti non avalla l’operazione.
Mazzarri viene screditato. Sono i piccoli primi segnali di ciò che accade adesso nelle posizioni interne all’Inter: il potere non è in mano all’allenatore, a cui era stato inizialmente promesso di fare da guida tecnica anche al di fuori del rettangolo di gioco.
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