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Dopo Mkhitaryan, anche Bastoni si sfoga: ma a chi è rivolto il messaggio?

Dopo la qualificazione in semifinale, Bastoni non si limita a festeggiare: nelle sue parole spunta un’accusa pesante che lascia spazio a molte domande.
L’intervista di Alessandro Bastoni alla Gazzetta dello Sport non è passata inosservata. Il difensore ha parlato con convinzione, senza troppi giri di parole, toccando temi profondi che vanno oltre il semplice campo da gioco. Ha messo in primo piano la consapevolezza del gruppo nerazzurro, unito da una forza interna che, secondo lui, vale più del talento individuale. Il riferimento alle parole di Lautaro, e a quella “fede” un po’ rude ma efficace, si trasforma in un manifesto della mentalità con cui l’Inter sta affrontando questo cammino europeo. Bastoni non cerca paragoni con i top team, anzi: sottolinea come proprio il fatto di non essere i migliori sulla carta renda ancora più straordinario quanto costruito. L’umore è alle stelle e l’attesa è già snervante per il doppio confronto col Barcellona: c’è anche una sorpresa per tutti i tifosi.
Un’occasione che pesa più del passato
La sua riflessione si fa ancora più intensa quando parla del significato di questa semifinale appena raggiunta. Bastoni tocca un nervo scoperto, quello legato al valore delle occasioni che il tempo riduce sempre di più. Non si limita a ricordare la finale di Istanbul: ne fa un motore, una spinta che nasce dal desiderio di riscatto. Ma allo stesso tempo lancia un messaggio netto: non è normale per una squadra italiana ritrovarsi tra le prime quattro d’Europa. Il traguardo, secondo lui, non può passare inosservato o essere considerato la norma. Bastoni racconta anche un dettaglio che forse in pochi conoscono: i venti giorni d’estate che ogni anno i giocatori hanno a disposizione non bastano neanche per recuperare, figurarsi per ricaricarsi. Questo accenno al sacrificio è quasi sussurrato, ma pesa più di tante frasi fatte.
Dubbi superati e risposte sul campo
Il terzo passaggio dell’intervista si sposta sul piano personale. Bastoni risponde a chi, ancora oggi, lo guarda con scetticismo. Lo fa con fermezza, quasi con una punta di rabbia. Cita nomi, partite, episodi precisi: da Yamal che arriverà con il Barcellona, ai duelli con Sané, Olise e Kane. Non ha paura di ammettere che in passato qualcosa mancava: “Io non difensore puro? Questo è un giudizio molto italiano, qui c’è molta invidia, specialmente quando si parla di giocatori “nostri”. Poi io guardo tantissime partite estere e noto che tanti definiti dei mostri in marcatura fanno più errori di me. Il discorso poteva essere giusto due o tre anni fa, quando certe mie lacune erano evidenti, però ci ho lavorato e sono migliorato: oggi quella definizione non mi appartiene più…”.
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