Marco Fassone avrebbe fatto pedinare quattro giornalisti ai tempi in cui era amministratore delegato del Milan. Si tratterebbe di Enrico Currò e Luca Pagni di Repubblica, Carlo Festa del Sole 24 Ore e Tobia De Stefano di Libero. È quanto emerge dal dossier depositato dal club rossonero per difendersi dalla cuasa intentata da Fassone per il licenziamento: i fatti risalirebbero all’inverno scorso, secondo quanto riferiscono oggi La Repubblica e Il Sole 24 Ore, ovvero al periodo compreso tra il 19 febbraio e il 2 marzo.
Stando a quanto emerge dal dossier depositato dal Milan, l’ex ad avrebbe dato mandato all’agenzia investigativa Carpinvest srl di effettuare diverse attività, tra cui la protezione del brand, la bonifica ambientale di Casa Milan dalla possibile presenza di cimici, il controllo di smartphone e tablet dei dipendenti e ancora il pedinamento dei quattro suddetti giornalisti. Le utenze telefoniche aziendali controllate sono quelle riconducibili ad Agata Frigerio, Giuseppe Mangiarano, Giovanna Zian e Angela Zucca.
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Milan: “Fassone fece spese non pertinenti”
In tutto, per svolgere queste attività, il Milan avrebbe speso su decisione di Fassone qualcosa come 74mila euro, spese che ora la nuova proprietà contesta. “Non risultano pertinenti allo specifico business aziendale nonché svincolate da qualsivoglia esigenza di tutela del patrimonio aziendale”, emerge dall’inchiesta pubblicata oggi sul Sole 24 Ore. Fassone ha fatto causa al Milan per il licenziamento avvenuto ad agosto 2018, ritenuto dall’ex ad una decisione ritorsiva per non aver accettato di troncare anticipatamente il contratto con una transazione economica.
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