Se ti chiami Santiago Canizares, sei il titolare della Nazionale Spagnola e sei costretto a saltare il Mondiale in Estremo Oriente perché ti sfasci un tendine del piede con una bottiglietta di dopobarba (a pochi giorni dalla rassegna), puoi prendertela un po’ con la tua sbadataggine e un po’ con la sfortuna; ma se invece ti fai mai durante un’azione di gioco e mancano quattro-cinque mesi al torneo, allora puoi percorrere tre strade, esattamente quelle che hanno percorso Radamel Falcao, Giuseppe Rossi e Diego Costa. Ognuno ha fatto le sue scelte, ognuno si è giocato le sue carte, ognuno ha avuto il suo destino. Partiamo dall’attaccante di casa nostra, quel Pepito Rossi che dopo il terzo infortunio al ginocchio della carriera patito a inizio gennaio non aveva in testa che un obiettivo: recuperare per convincere il ct Prandelli a convocarlo per i Mondiali. In questi casi forzare non si può, ma il giocatore della Fiorentina ha spinto oltre i limiti per rimettersi, ha supplicato il selezionatore di dargli almeno la chance del ritiro a Coverciano, quindi la doccia fredda con annessa polemica a mezzo twitter.

Il medico storico della Nazionale, il professor Castellacci, ha spiegato lucidamente stamani:

“Da un punto di vista medico stava bene, aveva recuperato bene. Che non fosse nelle condizioni ottimali è chiaro a tutti ma stava bene. Sono state prese delle decisioni di tipo fisico e psicologico. Decisioni pesanti che il mister ha dovuto fare. Il tutto è stato fatto senza la minima superficialità. E’ stato deciso controllando ogni minimo particolare delle condizioni del giocatore”.

Poi c’è Radamel Falcao, escluso dalla lista dei 23 dal ct della Colombia José Pekerman: anche per l’asso del Monaco un infortunio a sei mesi dal Brasile, ma a differenza di Pepito per Radamel era il primo, ha dovuto subire un’operazione e fin dall’inizio aveva preso in considerazione l’eventualità di non poter esser protagonista in Brasile. Poi però ha fatto progressi non preventivati, senza ansia, senza aspettative, alla fine ha dovuto comunque alzare bandiera bianca e molto onestamente ha spiegato come egli stesso abbia consigliato a Pekerman di non convocarlo appannaggio di qualche compagno più in forma:

“Non volevo prendere il posto di un mio compagno non essendo al 100% e non volevo compromettere il mio recupero. I calciatori scelti daranno il massimo per sfruttare la chance di scrivere la storia con la maglia della Nazionale. Hanno bisogno del sostegno di tutti, io sarò il primo a sostenerli”.

Chiudiamo con la storia di Diego Costa, un finale di stagione che più balbuziente non si può con continui recuperi lampo e ricadute altrettante veloci, uno stillicidio, una tenuta fisica vicina allo zero imposta dallo sprint finale di Simeone e del suo Atletico Madrid; ma nonostante questo il dado era tratto: la Spagna aveva soffiato il potente centravanti al Brasile, egli stesso si era esposto in prima persona per abbracciare la causa delle Furie Rosse, alla fine a rischiare è stato il ct Vicente Del Bosque che ha lasciato a casa giocatori sicuramente a posto fisicamente come Llorente e Negredo per puntare sul puntero colchonero (ancora per poco, pare). E lui rispedisce al mittente ogni forma di scetticismo:

“Sono davvero grato al commissario Vicente del Bosque per aver avuto fiducia in me convocandomi nonostante le dicerie sulle mie condizioni fisiche. La verità è che non avevo nulla che potesse farmi saltare il Mondiale e sono davvero felice di essere qui”.

Anche questo è il Mondiale, e ci piace proprio per questo genere di cose.

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ultimo aggiornamento: 03-06-2014