Antonio Conte non è soltanto un allenatore. Conte è un simbolo, il simbolo della “juventinità“, ma soprattutto della “juventinità vincente“, l’uomo che ha riportato i bianconeri agli antichi fasti dopo gli anni della mediocrità e della “simpatia” post Calciopoli. Ranieri prima, Del Neri e Ferrara poi (quest’ultimo juventino sì, ma “atipico”) hanno fatto battere, con gradazioni di responsabilità diverse fra loro, record negativi storici alla Juventus. Conte ha una particolarità che rappresenta un unicum nella storia calcistica recente, quando c’era da fare una scelta precisa per ripartire dalle macerie dei due settimi posti venne apertamente sostenuto dai gruppi ultras della Juventus. In quell’estate il tifoso medio poteva lasciarsi affascinare da nomi di richiamo internazionali, gente come Guus Hiddink per intenderci, gli ultras sposarono la causa di Antonio Conte. Alla luce dei fatti non avevano tutti i torti, che dite?

L’amore fra la curva e l’allenatore salentino è inalterato, anzi è accresciuto dai successi in campionato ed in Europa, Conte lo sa e si permette lussi normalmente non consentiti ai suoi colleghi. Parliamoci chiaro, l’allenatore in qualche modo sta cercando di “condizionare” il tifoso da “tribuna” e i gruppi del tifo organizzato con dichiarazioni inusuali, non si accontenta di muovere i giocatori in campo, vuole dire la sua anche sul tipo di tifo offerto dallo Juventus Stadium.

Qualche giorno fa, prima di Juventus – Siena, chiese “una bolgia” per spingere i giocatori verso la vittoria. I tre punti arrivarono, ma a Conte non piacquero i fischi ai suoi due attaccanti titolari, Mirko Vucinic e Sebastian Giovinco. Quest’ultimo in particolare, sempre meno digerito da buona parte dei sostenitori bianconeri, segnò salvo poi lasciarsi andare ad un gesto polemico che lui stesso si affrettò ad indirizzare “contro la critica“. A fine gara Conte parlò di “bolgetta” e difese a spada tratta i suoi giocatori censurando i fischi piovuti dalla tribune.

I più attenti non avranno potuto fare a meno di notare come l’invito sia stato raccolto nella partita contro il Catania: Giovinco ha offerto un’altra prestazione poco convincente (eufemismo), ma al momento del cambio sono arrivati più applausi che rimbrotti. Evidente che Conte abbia “inciso”, soprattutto in Curva Sud, fra i suoi fedelissimi.

Ora però il problema diventa più spinoso ed è di altra natura. A Torino c’è una questione “cori razzisti“, in parte reale e in parte provocata da media dalle orecchie “selettivamente aperte“. La tifoseria dello Juventus Stadium è la più multata per cori espressioni di “discriminazione territoriale, razziale e etnica“, se sommiamo le varie intemperanze, striscioni e atti di vandalismo la Juventus è la più multata in assoluto, praticamente il doppio rispetto alla seconda classificata, la Roma. Un mese fa Maurizio Romeo si è preso la briga di inserire i dati in una tabella, questo era il risultato e le cose non sono cambiate di molto.

Sono fondamentalmente tre i cori scanditi dalla Curva Sud che proprio non piacciono al giudice sportivo Tosel: l’invocazione al Vesuvio perché “lavi col fuoco” i napoletani, il “se saltelli muore Balotelli” e il “non ci sono ne*ri italiani“. Contro il Catania i primi due sono stati gettonatissimi, il terzo in realtà lo hanno sentiti davvero in pochi, in particolare Emanuele Gamba di Repubblica che ne ha fatto un cavallo di battaglia. Per intenderci gli ispettori federali presenti a Torino non lo hanno sentito, così come tanti spettatori, tant’è che la multa per “razzismo” non è arrivata.

Questo non ha impedito, dicevamo, altri 4 mila euro di multa che hanno scatenato l’indignazione di quanti chiedevano la squalifica del campo, lo Juventus Stadium, già diffidato. Sollecitato dai giornalisti Conte è intervenuto sull’argomento nella conferenza stampa che ha preceduto la partenza per Bologna:

Ultimamente abbiamo preso un po’ di multe. I nostri tifosi dovrebbero concentrarsi soltanto su di noi. La cosa più bella è sentirli cantare orgogliosamente per la Juve e per i giocatori bianconeri. I cori contro le altre squadre non ci interessano e di certo non ci esaltano. So che lo Stadium è già diffidato, non vorrei dover giocare a porte chiuse oppure in un campo neutro, per noi sarebbe deleterio. I tifosi sono il nostro dodicesimo uomo, a parte quando si prendono un break per andare a teatro, ma per fortuna è successo poche volte.

L’invito di Conte è stato apprezzato dalla stampa, ma come la prenderanno i tifosi? Inutile negarlo, potrebbe apparire un’invasione di campo. Una soluzione impropria ad un problema concreto. Anche se è un personaggio amatissimo l’allenatore della Juventus può davvero pretendere di essere il direttore d’orchestra dei cori da stadio? La sua buonafede non è in discussione, ma la questione ha più sfaccettature e sul tema gli Ultras sono particolarmente sensibili.

Il tema è scivoloso, troppo scomodo fare distinguo, soprattutto sulla stampa che può facilmente sparare il titolo “contro i tifosi razzisti”, ma la situazione va analizzata. Qual è la differenza fra il “Vesuvio lavali col fuoco” e il “Milano in fiamme” o il “Firenze in fiamme” o il “Torino in fiamme” da sempre in voga negli stadi? L’eruzione è razzista e il rogo no? Perché l’originale “Se saltelli muore Lucarelli” è andato bene per anni e il “Se saltelli muore Balotelli” è razzista? Non si può essere razzisti con i livornesi o lo si può essere solo nei confronti dei giocatori di colore? Queste domande me le pongo io, che con gli ultras ho poco a che fare, figurarsi i tifosi che popolano ogni tre giorni i nostri stadi.

C’è tanto da lavorare in Italia sulla “cultura del tifo“, lo si dice sempre ma sono quasi sempre inviti ipocriti dei soliti opinionisti che lasciano il tempo che trovano. Certo è corretto auspicare che gli Ultras (quelli che trasformano i “teatri” in “bolge”, gli unici capaci di farlo) passino più tempo a cantare per i propri colori che ad insultare gli avversari, ma non bisogna prenderli in giro. Si accorgono se una polemica è strumentalmente cavalcata da qualche giornale o da una parte parte della stampa che viene percepita come “ostile” per ragioni di tifo e sanno, pur in una coscienza collettiva dai contorni inevitabilmente sbiaditi, se stanno “andando oltre” o meno.

Per intenderci quel gruppuscolo di Ultras che canta “non ci sono negri italiani” sa di essere razzista, ma sa anche evitare questi eccessi. Il vero problema è che se si pensa di convincerli a fermare questo ed altri scempi con il pugno duro o con atteggiamenti paternalistici si rischia di ottenere l’effetto contrario. Magari un’escalation fatta di gesti di sfida che rischiano soltanto di creare un clima ancora più avvelenato. Conte lo sa?

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ultimo aggiornamento: 15-03-2013