La Juventus come da pronostico ha sconfitto un Palermo che è soltanto difesa, anche in senso buono, parsa abbastanza registrata, e Dybala. L’argentino, lasciato solo in avanti, non ha sfigurato contro tre difensori centrali nazionali e ha dato ragione per piglio e movimenti a chi lo vede presto in una big: accelerazioni, personalità, sinistro potente, preciso e morbido.
Insomma, un potenziale mix tra Recoba e Montella. Dall’altra parte però la Juve ha fatto la Juve. Cinica, spietata, magari più scollata rispetto al carrarmato che fu di Antonio Conte, ma determinata a raggiungere l’obiettivo con le armi a disposizione: gli inserimenti di Vidal e le zuccate di Llorente. Dovrà cercarle di più Allegri, nonostante le innovazioni che sta provando a portare a Vinovo. Sono armi sicure. Il resto pare ancora a metà strada.
In tutto questo però c’è Claudio Marchisio. La panchina di Atene è stata anche ferocemente criticata (postuma) sia da parte della critica che dalla tifoseria. Il centrocampista torinese gode infatti di un momento di forma-psicofisica evidente. Al punto che questa volta si siede Pogba che deve rifiatare e nel corso della partita di fatto Allegri consegna le chiavi della squadra a lui piuttosto che al Pirlo spento post infortunio. E la partita gira.
Marchisio distribuisce, va a prendersi palloni sia davanti alla difesa che al limite dell’area. Gestisce il gioco, conclude, fa anche da incontrista. Ciò che ama Allegri. Ciò che potrebbe aver consegnato un nuovo potere nell’economia del reparto nevralgico della capolista, nuove gerarchie, nuove convinzioni e la chance per il tecnico di strappare con il passato. Un fardello che deve togliersi di dosso il prima possibile.
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