Nel calcio il tempo corre veloce, a volte pure troppo: una settimana fa a quest’ora Roberto Mancini era solo un’idea dalle parti di Istanbul e d’altra parte il tecnico di Jesi non era proprio convinto del Galatasaray. La città è affascinante, il campionato turco un po’ meno, eppure i soldi da quelle parti girano, i campioni si vedono e non è certo la passione a mancare; l’ago della bilancia, semmai, era nel progetto, sia tecnico che economico, perché Mancini è ormai un allenatore di caratura internazionale. Insomma, trattativa doveva essere e trattativa è stata, con l’intesa raggiunta per un triennale a 4,5 milioni di euro a stagione più ricchi bonus in base ai risultati. Neanche il tempo di arrivare sulle rive del Bosforo ed ecco che per l’ex tecnico di Inter e Manchester City subito una sfida difficile e affascinante: trasferta allo Juventus Stadium, per lui la prima volta nell’impianto torinese, partita di Champions per riscattare il 6-1 a domicilio subito dal Real Madrid e sperare di fare uno sgambetto a Conte e alla Juve in ottica qualificazione agli ottavi.
Alla fine, come tutti sappiamo, è stato 2-2; dopo la partita Mancini ha ammesso di non aver fatto molto se non dare qualche dettame tattico (“D’altra parte sono ancora alle prese coi nomi dei giocatori, alcuni non li conoscevo“) ma comunque il pareggio ha significato tanto, non fosse altro per la prima importante iniezione di stima al gruppo e a se stesso:
“Siamo stati in parte fortunati, ma i giocatori si sono subito messi a disposizione con grande professionalità. Qui ci sono campioni famosi e si può fare un buon calcio. La Juve è sempre la Juve. E’ fortissima. Ha trovato però un Galatasaray motivato dopo il cambio di allenatore. La Juve può fare bene. Le due sfide con il Real Madrid saranno spettacolo puro. Per noi è l’occasione giusta per approfittarne e rientrare in gioco”.
Questo il pensiero del Mancio offerto in una lunga intervista alla Gazzetta dello Sport, parole che vanno oltre l’esordio di mercoledì scorso e tentano di spiegare perché alla fine ha ceduto alla corte del Galatasaray; no, non è stata solo una questione di soldi:
“Premesso che i contratti fanno parte della nostra professione e hanno la loro importanza, ho accettato la proposta perché il Galatasaray è un club di prestigio, partecipa alla Champions ed ha una storia di rilievo. Mi affascina anche l’idea di affrontare una nuova esperienza in un Paese che è un ponte tra Europa e Asia. La Turchia è una nazione con l’economia che galoppa, ma ha una storia millenaria”.
E alla Turk Telekom Arena negli ultimi tempi sono arrivati calciatori di rilievo:
“Didier Drogba ha ancora molto da dare, ma lavorando nel modo giusto tutti offriranno un contributo importante. Wesley Sneijder ha avuto di recente qualche problema fisico, ma a Torino è stato bravo, ha orgoglio”.
Stoccatina finale a due colleghi, al secolo Luis Enrique e Zdenek Zeman; quando gli si chiede del momento della Roma, il tecnico jesino esalta Rudi Garcia:
“E’ la squadra che mi è piaciuta di più. Non avevo dubbi che potesse fare bene perché ha tanta qualità. Serviva un allenatore vero alla Roma e Garcia sta dimostrando di essere davvero bravo”.
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