Paul Pogba è stato sicuramente la rivelazione della Juventus di Conte campione d’Italia per la seconda volta consecutiva, il francesino arrivato dal Manchester United nel giro di un paio di mesi ha conquistato la fiducia del club e l’amore dei tifosi a suon di prestazioni eccezionali. La società bianconera ogni giorno dedica un approfondimento ad un giocatore della rosa di quest’ultima stagione e oggi è stato proprio il turno del Polpo, com’è stato ribatezzato a Torino. Sono stati passati in rassegna i suoi numeri, anch’essi ovviamente stupefacenti: 5 gol di cui 4 da fuori area, una mole di passaggi enorme con una percentuale di successo superiore all’80%, ma quello che più conta è l’aver messo in difficoltà Conte che nel finale ha addirittura sperimentato un nuovo modulo pur di non lasciarlo fuori.

Oggi sembra essere il Pogba Day, France Football ha infatti pubblicato una lunga intervista in cui il centrocampista ha raccontato un po’ quello che gli è successo negli ultimi dodici mesi, dal “gran rifiuto” a Ferguson, fino all’arrivo a Torino, per raggiungere la consacrazione in bianconero e in nazionale. Partiamo dall’inizio e cioè dai giorni in cui ha maturato la decisione di lasciare la Premier e una delle squadre più forti del mondo, per accettare di rimettersi in gioco alla Juve. Una decisione dettata dalla grande determinazione, soprattutto se pensiamo che abbiamo a che fare con un diciannovenne, dalla voglia di arrivare e di dimostrare a tutti che nonostante l’età ci fosse già un posto per lui nel calcio dei grandi:

Quando ho detto a Ferguson che avrei lasciato il Manchester United, lui si è messo a gridare. È scattato il famoso asciugacapelli (Ndr. Il soprannome dell’allenatore quando si esibisce in una delle sue famose sfuriate). Ha detto che in Italia c’era molto razzismo e che i tifosi non erano come in Premier. Gli ho risposto che non c’era problema. Così sono finito ai margini. E i compagni mi hanno soprannominato Nelson Mandela, perché mi ero opposto a Ferguson. Ma in caso potrei dire no pure a Obama. Che senso ha restare al Manchester soltanto per dire “Io gioco al Manchester” ma poi trovarsi sempre in panchina? Il fatto è che Ferguson non ha mai dimostrato di volermi davvero in squadra. Ha detto delle cose molto belle su di me, sul mio potenziale. Parole al vento, se non ho la possibilità di mettermi in mostra

Era la fine di marzo, alla vigilia di una partita con il Fulham e da quel giorno la storia di Pogba sarebbe cambiata. Mino Raiola, il suo agente gli ha proposto la Juve, e lui si è subito mostrato interessato a questa ipotesi, l’obbiettivo però era sempre lo stesso: trovare una squadra che avesse creduto in lui. A fare la differenza a quel punto sono state le parole di Antonio Conte, il tecnico bianconero ha saputo toccare le corde giuste e il francese ha capito che la sua ricerca di una nuova casa era finita:

Cosa mi ha detto Conte la prima volta che ci siamo visti? Con me gioca il migliore, l’età non conta. Se pensi di poterti imporre qui da noi allora vieni e mostraci quello che sai fare. Il mister mi ha punzecchiato, ha colpito là dove bisognava colpire per convincermi.

Il resto è storia nota, i suoi gol hanno piano piano convinto tutti, le sue prestazioni ancor di più, anche se gli osservatori più attenti avevano capito di avere sotto gli occhi un talento fuori dall’ordinario già ad agosto nel Trofeo Berlusconi contro il Milan, ma era calcio d’estate e si sa quanto conta. Uno dei momenti migliori della stagione è stato durante la partita contro l’Udinese, Pogba realizza una doppietta, due capolavori dalla distanza, ora che sono passati alcuni mesi spiega il perché di un’esultanza che a tutti era sembrata un po’ polemica:

Quel giorno ero molto molto molto determinato, perché intorno a me sentivo troppi “Ah, il giovane Pogba è un tipo focoso e spesso s’infiamma”. Avevo una nuova automobile e un nuovo taglio di capelli, ma è stupido giudicare qualcuno per queste cose. Con quell’esultanza ho voluto dire alla gente: “State parlando a vanvera, cucitevi la bocca, tutto ciò è ridicolo”. Ma sono preparato, so bene che non sarà l’ultima volta.

Nel suo primo anno a Torino non sono mancati i momenti negativi, un paio di inottemperanze che gli sono costate una strigliata dalla società e in ultimo lo stupido gesto dello sputo contro Aronica che ha fatto nuovamente infuriare Conte. Il ragazzo sembra però aver capito la lezione ed è pronto a promettere di non cadere più in errori del genere:

I miei errori in questa prima stagione in Italia? Essere arrivato tardi a due allenamenti è stato poco professionale. Si è trattato di un malinteso, ma non doveva succedere: io sono il più giovane, dovrei arrivare in anticipo e seguire l’esempio dei veterani che sono sempre puntuali. Comunicando quanto era accaduto, il club mi ha riportato sulla terra, mi ha dato una bella lezione. Hanno fatto bene a riprendermi e a farmi saltare la partita successiva che ho seguito in tv pensando: bravo Paul, loro vincono e tu sei sul divano. La prossima volta arrivi puntuale. Il secondo errore è stato il cartellino rosso contro la Spagna. Volevo divorare gli spagnoli, ma alla fine mi sono fatto divorare. Ho commesso un altro errore sputando verso Aronica. Non l’ho colpito, ma il solo gesto è comunque da condannare.

Tutto lascia pensare che in futuro non ripeterà sciocchezze di questo tipo, ma oltre a condannare alcuni suoi comportamenti non dimentichiamo che stiamo parlando pur sempre di un ragazzo che ha compiuto vent’anni lo scorso marzo e che quest’anno ha giocato la sua vera stagione nel calcio che conta. Nonostante quello che è apparso sempre palese a tutti è il fatto che abbia le idee molto, ma molto, chiare, così quando gli si chiede cosa si aspetta dalla sua carriera risponde:

Voglio diventare il più forte giocatore del mondo. Il Pallone d’Oro è un sogno, un obiettivo. Io non sono una stella, non sono ancora nessuno. Sono solo Paul, Paul di Roissy en-Brie, Paul del quartiere. Ma quando perdo mi scoccio, mi passa la voglia di giocare. C’è chi dice che l’importante è partecipare? No, questo non è il mio motto: io devo vincere.

Parole che si sposano perfettamente con quelle di Boniperti che quest’anno erano anche stampate sulle magliette della Vecchia Signora: “Alla Juve vincere non è importante, è l’unica cosa che Conte”. Alla faccia di quello che raccomandava una suo famoso connazionale.

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ultimo aggiornamento: 28-05-2013


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