Non solo Blanc, Rijkaard e, ovviamente Ancelotti, quest’ultimo più legato al nome della Roma per una vecchia dichiarazione d’amore che da piste concrete se non la diffidenza che nutre per lui l’anima francese del PSG. Nomi alcuni disponibili teoricamente anche subito, ma molti di questi fermi sull’idea che provare a salvare la baracca giallorossa ora, con problemi di organico, di piazza e di base tattica, sarebbe un mezzo suicidio.
Su questa linea di pensiero si è attestato Laurent Blanc, ennesima suggestione esterofila balzata nella testa del cosmopolita e poco realista Baldini: al momento l’ex commissario tecnico della Francia punta i piedi su un biennale che abbia inizio non prima del giugno 2013. Una scelta non così oltranzista come potrebbe sembrare se è vero che anche un altro candidato, non ancora nominato dalla grande stampa, ha posto all’incirca la stessa condizione con la medesima convinzione che lavorare su una squadra tatticamente e atleticamente passata sotto le mani delle teorie zemaniane sia un pericolo da evitare a tutti i costi.
Il suo nome è Roberto Di Matteo, campione d’Europa da subentrato con il Chelsea dovendo fare di necessità virtù e pagando poi dazio per essere stato considerato una scelta frettolosa per quanto vincente.
Ecco quindi la notizia: il vero favorito oggi per la panchina della Roma 2013/14 è un ex laziale, idea lanciata in società da Sabatini e apprezzata dalla proprietà statunitense anche per le proprietà linguistica anche anglosassone dell’ex centrocampista italo-svizzero.
I colloqui sono già fitti, e i primi contatti risalgono a prima di Natale. La situazione è degenerata prima e dopo il match casalingo contro il Cagliari, ma la posizione di Di Matteo è rimasta la stessa consegnando di fatto la squadra a quell’Andreazzoli conosciuto solo per la dedica di Taddei per uno dei pochi veri numeri d’alta scuola mostrati in Serie A. L’Aurelio, per l’appunto.
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