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Rudi Garcia, Champions indigesta: solo 3 vittorie in 18 partite
Due vittorie col CSKA Mosca e una col Bate Borisov, è questo il resoconto dei successi di Rudi Garcia in Champions League; non proprio un filotto di quelli irripetibili, eppure il tecnico francese attualmente alla Roma ha avuto e ha tra le mani giocatori in grado di fare qualcosina di più che racimolare due quarti posti, nelle Champions 2011/2012 e 2012/2013 ai tempi del Lille con meste eliminazioni senza passare neanche dall’Europa League, e un terzo, come scaturito ieri dopo la sconfitta dei giallorossi in casa contro il Manchester City. Eppure, quando vinse la Ligue 1 grazie ai gol di Eden Hazard e Moussa Sow, la squadra l’aveva, anche l’anno dopo si presentò in Europa con un Joe Cole in più (e l’anno dopo Kalou) e un Gervinho (oltre che Cabaye e Rami) in meno.
Tant’è, nel Girone B dell’edizione 2011/2012 fu sorteggiata dall’urna numero 3 con Inter (doppio ko contro Claudio Ranieri), Trabzonspor e CSKA Mosca: unica vittoria alla quinta giornata al Luzniki Stadion, ironia della sorte stesso dove quest’anno Garcia si è giocato buona parte della qualificazione agli ottavi (e incredibile ma vero Berezutski fu determinante con un autogol), ma al Lille-Metropole all’ultima giornata doveva per forza vincere per andare avanti, contro il Trabzonspor finì però 0-0 e addio sogni di gloria. E l’anno dopo andò pure peggio: all’esordio nel Girone F subito sotto di tre gol in casa dopo un tempo (avversario il non irresistibile Bate Borisov), poi 6-1 subito dal Bayern Monaco, doppio ko col Valencia e alla fine un solo successo (nel ritorno in Bielorussia).
C’è qualcosa che sfugge al pur preparato Rudi Garcia, qualche corda che forse non riesce a toccare, un indefinito ingrediente che non conosce e la cui assenza rende le pietanze in qualche modo insipide: non è il pranzo in famiglia della domenica, in Champions tutto deve essere impeccabile come nei migliori ristoranti tristellati, ma è proprio la capacità di saper leggere le situazioni (e non solo tatticamente) a fare di un buon cuoco un ottimo cuoco, a rendere un buon allenatore uno dei più bravi. Quest’anno la partenza per niente falsa con quattro punti e tanto bel gioco, aveva fatto illudere la Roma di poter non solo passare il girone ma chissà cosa altro: e qui ha peccato di superbia Garcia, un po’ come accadde a Lille. Contro il Bayern ha sgretolato in un sol colpo le certezze sue, dei suoi giocatori e dei tifosi, che si son sciolti col passare dei minuti, delle vigilie, delle partite.
Non tutti gli allenatori si chiamano Di Matteo, capace addirittura di vincere la Champions senza aver mai allenato prima a certi livelli: anche Garcia forse ha bisogno di fare esperienza, l’Europa League potrà essere in questo senso un ottimo viatico per arrivare ad avere consapevolezza europea. Che poi è quella che un allenatore deve avere se la vuole trasmettere ai suoi ragazzi; in questo senso Ancelotti, Mourinho e perfino Allegri hanno solo di che insegnare al collega franco-andaluso.