Le curve giallorosse sono chiuse, così ci pensano le tribune a inneggiare al Vesuvio contro i tifosi napoletani. Nel corso di Roma – Sampodoria, gara in svolgimento allo Stadio Olimpico di Roma con le curve chiuse per “discriminazione territoriale”, dagli altri settori aperti dello stadio occupati da sostenitori giallorossi sono partiti cori che non lasciano adito ad alcuna interpretazione. Il più gettonato “Vesuvio lavali col fuoco”, che si è levato alto al primo gol di Mattia Destro, al raddoppio di Pjanic su punizione e alla terza realizzazione anche con Destro.
Una situazione surreale che lascia chiaramente intendere come la chiusura delle curve non serva praticamente a nulla dal punto di vista strettamente “educativo”. Resta da capire cosa farà ora il giudice sportivo: secondo l’applicazione della nuova norma sulla discriminazione territoriale, andrebbero chiusi i settori dai quali sono partiti gli insulti, con il rischio che la Roma si trovi ben presto con lo stadio completamente deserto. Oppure no? La situazione è tutt’altro che definita, perché se è vero che la Roma è stata condannata a due turni di chiusura delle curve dell’Olimpico sia dalla Commissione Disciplinare sia dalla Corte di Giustizia federale – rispettivamente primo e secondo grado di giustizia sportiva – è altrettanto vero che l’Alta Corte di Giustizia del Coni, presieduta dall’ex ministro degli Esteri Frattini, ha respinto la richiesta di sospensiva e rinviato a martedì prossimo qualunque decisione nel merito.
La Roma chiedeva che la penalizzazione venisse scontata il prossimo anno in Coppa Italia, essendo stata comminata proprio per fatti accaduti durante la semifinale di andata di Tim Cup contro il Napoli, o che quantomeno fosse sospesa per consentire a chi aveva acquistato i tagliandi di assistere alla gara con la Samp, facendo slittare la sanzione. Il terzo grado di giustizia sportiva ha detto no alla sospensione della pena, ma martedì ci sarà l’analisi del ricorso nel merito. Certo i nuovi cori di stasera non aiuteranno la Roma a vincere il ricorso.
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