Forse non tutti sanno che esistono appena nove calciatori ad aver vinto tutte e tre le massime competizioni europee (Coppa delle Coppe, Coppa Uefa e Coppa dei Campioni) e tra questi c’è Stefano Tacconi, l’istrionico portiere umbro che difese la porta della Juventus per nove stagioni a cavallo degli anni ’80 e gli anni ’90. Nato a Perugia nel 1957 da papà operaio in un lanificio e mamma, Giovanna, casalinga, fino ai tredici anni il piccolo Stefano non aveva altra passione che il calcio: decise di far sul serio quanto nel 1970 entrò a far parte delle giovanili dello Spoleto e qualche anno dopo fece il grande salto venendo notato dagli scout dell’Inter. Ancora un ragazzino si trasferì a Milano dove non riuscì mai a convincere a pieno la dirigenza e lo staff tecnico nerazzurro che prima lo mandò un paio di volte in prestito (Pro Patria e Livorno), quindi lo cedette alla Sambenedettese nel ’79.
Con i marchigiani giocò da titolare in Serie B ma la squadra retrocesse mestamente in terza serie; non fu certo per colpa di Tacconi che anzi si impose come un estremo difensore tecnicamente bravissimo, istintivo ma con ottimi fondamentali, caratteristiche che lo fecero notare all’Avellino. Si trasferì in Irpinia nell’anno del terremoto, che ancora ricorda con dispiacere, e con i lupi campani esordì finalmente in Serie A a 23 anni: tre anni di conferma che sfociarono con il passaggio alla Juve, squadra che non si fidava a pieno del numero 12 Bodini dopo l’addio di Zoff. A Torino dovette subito tagliarsi i capelli (ma non il baffo!) e mettere a freno il carattere scherzoso e fumantino al contempo; non dovette fare grandi sforzi per allinearsi a guadagnarsi la maglia da titolare vincendo al suo primo anno a Torino uno scudetto e una Coppa delle Coppe.
L’anno dopo ci si aspettava una riconferma di Tacconi, ma Trapattoni (con l’avallo di Boniperti) decise per lunghi frangenti di stagione di tenerlo in panchina appannaggio di Bodini, esperienza che mise in crisi Tacconi che dovette rimboccarsi le maniche per riprendersi quello che pareva stesse perdendo: fu chiamato in causa per la finale di Coppa Campioni all’Heysel, Tacconi vinse da protagonista la Coppa e si ripeté qualche mese dopo in Intercontinentale (parando tre rigori contro l’Argentinos Junior): da allora non smise di essere il portiere titolare della Vecchia Signora vincendo nel 1990, con Zoff allenatore, una Coppa Italia e una Coppa Uefa contro la Fiorentina sul neutro della “sua” Avellino. L’arrivo di Peruzzi decretò la fine della sua esperienza juventina, Tacconi si accasò al Genoa dove disputò due stagioni discrete prima di rescindere il contratto nel corso della terza.
Era il 1994 e a 37 anni Stefano Tacconi decise di dire basta, dopo una carriera ricca di soddisfazioni in bianconero e qualche rimpianto in azzurro (appena sette presenze con l’Italia, secondo sia a Galli che a Zenga). Cosa ne è stato poi del portiere perugino in questi ultimi venti anni? Innanzitutto ha messo su una splendida famiglia con la sua donna storica Laura Speranza, sposata in chiesa solo nel 2010 alla presenza dei loro quattro figli; ma anche tentato di intraprendere la carriera politica in Lombardia con tre sconfitte su tre (nel 1999, 2005 e 2006) tra le fila di Alleanza Nazionale. Ottimo cuoco (è diplomato) e “naufrago” ne L’Isola dei Famosi del 2003, tra le altre cose ha anche provato la carriera cinematografica (non memorabile “Ho parato la luna“, un mezzo flop il film Backward nato da una sua idea) e, incredibile ma vero, ha rivestito i panni di calciatore con una apparizione nel 2008 nella Prima Categoria marchigiana difendendo la porta dell’Arquata. E’ rimasto tifoso juventino e spesso si presta come opinionista per giornali e tv.
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