Dopo dieci anni di Serie A dovrebbe essere sul viale del tramonto, d’altra parte Paolo Tagliavento, arbitro di calcio e parrucchiere di Terni, ha 42 anni, un’età che per i fischietti potrebbe significare l’inizio del famoso viale che porta dritto al tramonto. Perché ormai è palese che il fischietto umbro ha perso la trebisonda, senza nulla ma proprio nulla di personale: debutto in A nella primavera del 2004, coinvolgimento in Calciopoli, è salito alla ribalta alla fine degli anni zero per la sua intolleranza, il suo coraggio, la sua imperturbabilità. Così ha cominciato a guadagnarsi partite di cartello e gettoni europei, non brillando certo per doti tecniche inequivocabili: negli ultimi anni ha fatto infuriare giocatori, allenatori e presidenti, protagonista (a volte per colpa dei suoi collaboratori, altre no) di valutazioni evidentemente non corrette.
La galleria degli orrori di Tagliavento è costellata di episodi ormai famosi: dal gol di Muntari (non c’è bisogno di specificare a cosa ci riferiamo) a quello di Vidal dopo un minuto in Juve-Inter 1-3 (fuorigioco di Asamoah, poi non espulse Lichtsteiner), dalle manette di Mourinho dopo aver lasciato l’Inter in nove contro la Sampdoria al disastro totale in Fiorentina-Milan 2-2 che costò di fatto la Champions ai viola. Ma quest’anno si sta superando, e il dramma è che sta facendo dei gran pasticci anche in Europa: in Serie A ha fatto imbufalire Mazzarri nei ko nerazzurri contro Roma (fallo di Pereira su Gervinho fuori area) e Napoli (espulsione di Alvarez ingiusta), ieri ha rovinato la domenica dell’Atalanta che si è vista fischiare due rigori contro, uno totalmente inventato (Consigli su Cerci), l’altro viziato da un precedente netto fallo di Darmian su Yepes.
Una settimana fa aveva diretto i quarti di finale di Coppa Italia tra Roma e Juve e annullato il gol di Peluso (forse regolare), mentre in Champions League ha praticamente estromesso dalla competizione Porto (nella gara interna contro lo Zenit ha espulso Herrera, difensore dei lusitani, per doppia ammonizione dopo soli sei minuti) e Basilea (penalizzato da un gol dello Schalke con ben quattro giocatori in evidentissimo fuorigioco), il tutto guadagnandosi critiche aspre dalle stampe portoghesi e svizzere (“Un parrucchiere costa 8 milioni al Basilea“). Unica partita ben diretta quella finita 3-4 tra Samp e Sassuolo, ma lo segnaliamo per onor di cronaca, perché la realtà dei fatti è che Tagliavento sbaglia tanto e sbaglia spesso, in campo assume sovente un atteggiamento sull’arrogante spinto (lontano anni luce dai modi di fare di Rizzoli) e nonostante questo Braschi e Nicchi continuano a difenderlo.
Ripetiamolo, davvero nulla di personale. Ma per molto molto meno, in passato, fior fiore di direttori di gara sono stati fermati per più di un turno; ecco, che almeno ci sia giustizia e la meritocrazia prevalga sempre.
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