Mai soprannome fu più scontato, eppure non deve essere stata una passeggiata di salute girare l’Inghilterra (in prestito) a 20 anni con l’appellativo di “uragano“: nomen omen per Harry Kane, classe ’93 divenuto una celebrità in terra d’Albione (anche) dopo la doppietta che ieri ha steso l’Arsenal nel derby più sentito di Londra, quello tra i Gunners e il Tottenham. Nato a est di Londra, fin da giovanissimo entra nell’academy degli Spurs, ma nonostante Kane si dimostra un ragazzo fisicamente precoce, fatica non poco a trovare la sua dimensione tattica e non è certo aiutato dal club di appartenenza che compra big e spende milioni facendo sempre più fatica a lanciare prodotti del vivaio: “I tifosi amano i grandi colpi di mercato e nuovi arrivi, ma ci sono calciatori cresciuti in casa che sono qui da anni e vestono la maglia con orgoglio in attesa di una chance” diceva 10 mesi fa il diretto interessato, nel bel pieno di un sogno che stava diventando realtà, indossare con regolarità la maglia del Tottenham.
Già, perché nonostante la sua giovane età, l’uragano del White Hart Lane ha dovuto fare la valigia diverse volte per avallare i prestiti imposti dal club: in principio fu il Leyton Orient, poi Millwall, Norwich e Leicester, e si arriva all’estate 2013 quando a 20 anni Kane non ha incantato ancora nessuno. Sulle sue tracce si fionda addirittura il Livorno appena promosso in Serie A, poi però Sherwood blocca un suo ulteriore prestito: se Redknapp e Villas-Boas non lo vedevano, ma era anche più giovane e meno formato, l’ex idolo di Blackburn decide di volerlo stabilmente in rosa ma a fine stagione non colleziona che 10 presenze in campionato e 19 in tutte le competizioni con un bottino non trascurabile di 4 gol. Poi arriva mister Pochettino, e diventa Hurricane-mania coi tifosi del Tottenham ormai letteralmente ai suoi piedi.
Il tecnico argentino lo blinda, ora il suo contratto scade nel 2019, ma soprattutto gli da una maglia da titolare e non ammette compromessi o dubbi tattici: per lui Kane è la punta degli Spurs, per buona pace di Soldado e Adebayor, supportato dai piedi buoni dei vari Eriksen, Lamela, Dembelé e compagnia cantante. Gol, corsa, sacrificio, classe, con questi ingredienti il giovanotto di Walthamstow ha conquistato trasversalmente i tifosi d’Oltremanica, compreso il ct Roy Hodgson ieri sugli spalti del White Hart Lane e ora deciso a convocarlo per la prima volta nella Nazionale Inglese: già 7 gol nel 2015 (doppietta al Chelsea, al WBA, all’Arsenal), 22 stagionali comprese le coppe, fra non molto verrà anche in Italia per affrontare coi suoi compagni la Fiorentina nei sedicesimi di Europa League. Sarà uomo mercato del futuro? E’ ancora presto per dirlo.
E poi lui ha le idee chiare in merito: “Non vedo perché non potrei chiudere la carriera qui. Il Tottenham è un grande club ed è in crescita. Spero che miglioreremo ancora, mi piacerebbe restare qui il più a lungo possibiloe. Se sarò ancora qui tra 10 anni, per me equivarrà a essere sulla luna. Dipenderà da tanti fattori, ma io posso dire che mi piacerebbe restare qui il più a lungo possibile“. A spegnere l’incendio, come è giusto che sia, ci pensa Pochettino che ieri ha lodato tutta la squadra per i tre punti contro l’Arsenal, ma quando gli è stato chiesto del match-winner ha spiegato serafico: “Ha mostrato le sue qualità, ha un enorme potenziale, ma può ancora migliorare“. Dove potrà arrivare questo giovanotto è difficile ipotizzarlo: l’Inghilterra dà, l’Inghilterra toglie. Ma lui sembra esser fatto di un’altra pasta, una pasta speciale.
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