Il portiere dello Shakhtar Donetsk, Anatolij Trubin parla in una intervista a Goal.com, queste le parole del giovane portiere.
Considerato un fenomeno, il giovane portiere classe 2001 dello Shakhtar Donetsk, Anatolij Trubin ha raccolto meno di 20 presenze quest’anno per via dell’interruzione del campionato Ucraino. Il giovane ucraino parla così a Goal.com di già come le cose non andassero bene dopo i fatti del 2014.
Trubin: “La nostra squadra giovanile stava per trasferirsi al campo di allenamento principale nel 2014, perché è ciò che succede dopo l’Under 13. Quando è iniziata la situazione militare e le cose sono diventate poco chiare. Non sapevamo neppure se ci sarebbe stata più una squadra. Ad agosto ci è stato detto di trasferirci a Kiev se volevamo continuare a fare parte dell’accademia del club”.
Aggiunge: “Le nostre famiglie vivevano a pochi minuti dal campo di allenamento dello Shakhtar ed era molto comodo. All’improvviso, ho dovuto lasciare casa. È stato molto difficile per me e per i miei genitori, che a volte non mi vedevano per circa sei mesi. Loro sanno che amo il calcio e non potevano impedirmi di andare, stavo solo inseguendo il mio sogno, anche se in circostanze molto diverse”.
Il giovane portiere spiega la propria posizione: “Non conosco nessuno a cui non piacerebbe che Donetsk rimanesse parte dell’Ucraina. Donetsk è l’Ucraina e può prosperare solo come città ucraina. Era una magnifica città, la città delle rose. Voglio solo che questa guerra finisca il prima possibile, in modo che le cose possano essere come prima. Come si può sostenere questa aggressione, quando le persone innocenti stanno morendo? Non pensavamo potesse succedere davvero.”
Rivela l’ucraino: “Nessuno si aspettava che la Russia fosse così barbara e crudele. Questo è davvero un incubo. Non capisco come ne siano capaci. Hanno rovinato tante belle città e ucciso tanti civili. Questa è una catastrofe. Fino al 2014 consideravamo la Russia solo un vicino. Non c’erano rancori tra le persone nei due Paesi. Era impensabile che potesse iniziare la guerra, prima a Donetsk e poi in tutta l’Ucraina. Ma ora la Russia non esiste più per me come Paese. Penso che ci vorrà molto tempo prima che le ferite si rimargino”.
Conclude rivelando i suoi desideri: “Una situazione del genere mi ha aiutato a crescere più velocemente. Forse questo è il motivo per cui i miei progressi sono stati così veloci. Voglio che questo incubo finisca il prima possibile e che il nostro Paese torni alla normalità. Il mio sogno più grande è tornare a Donetsk e giocare alla Donbass Arena. È stato impossibile per molti anni, ma credo che quel giorno arriverà”.
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