Zdenek Zeman, capitolo 26. A 67 anni l’allenatore ceco si rimette in gioco per una nuova avventura in Serie A, per un nuovo contratto, il ventiseiesimo della sua lunghissima e movimentata carriera. Lo farà in una piazza di provincia, ma non troppo. Il nuovo Cagliari di Tommaso Giulini ha deciso di consegnargli le chiavi dello spogliatoio. Torna nel grande palcoscenico del calcio italiano a distanza di un anno e mezzo: era il 2 febbraio 2013 quando la Roma venne sconfitta in casa proprio dal Cagliari (2-4). Il suo cammino in giallorosso si interruppe per via di un esonero dopo la sconfitta contro i sardi. Un segno del destino, forse.
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Nel club sardo lavorerà con uno staff tecnico composto da Vincenzo Cangelosi come vice allenatore, da Giacomo Modica come collaboratore tecnico, da Roberto Ferola in qualità di preparatore atletico e da Nico Facciolo come preparatore dei portieri. Il boemo è l’appellativo più utilizzato per Zeman. Un tratto distintivo per un tecnico conosciuto soprattutto come un integralista che sa farsi amare e odiare allo stesso tempo. Dipende dai punti di vista, da come si concepisce la filosofia del gioco calcio e, in ultimo ma non per ordine di importanza, dal tifo per l’una o per l’altra squadra che genera sempre divisioni (Zeman non è certamente “simpatico” alla maggioranza dei tifosi juventini per la storia della accuse di abuso di farmaci).
“Avevo raggiunto un accordo con il Bologna ma mi sono spaventato per la situazione della società. Mi fa piacere essere a Cagliari dove c’è entusiasmo e la società ha voglia di fare, direi che è andata bene per me. La società ha fatto la Serie A a lungo, ora è cambiata la proprietà e cambierà penso molto. Cellino è un vulcanico, che si fa sentire e si fa vedere, mentre mi sembra che il presidente nuovo è un tipo tranquillo a cui piace più lavorare nell’ombra che mettersi in mostra“. Zeman probabilmente sa che con un presidente come Cellino sarebbe stata più dura, anche a livello dialettico. L’ex allenatore giallorosso vorrebbe allenare Astori, ma non si strapperebbe i capelli per una sua partenza. Ed elogia Cossu, Conti e Sau:
“Astori? Non esiste giocatore incedibile, dipende da quello che si vuole fare e come lo si fa. Normale che Astori è giocatore importante, ha anche qualche richiesta importante, noi saremmo contenti se rimanesse con noi ma non voglio tagliare le ali a gente che ha prospettive. Cossu è da anni a Cagliari, ha fatto bene, lo conoscevo da avversario quando giocava nel Verona, bisogna vedere quali motivazioni ha per continuare. Non parlo di mercato perché ogni mezz’ora cambia la situazione. Mi auguro solo che il 10 luglio la rosa sia completa. Sau? Marco ha fatto benissimo con me a Foggia e si è ripetuto anche qui, ha dimostrato che ha dei valori. Poi il discorso del posto, per me il posto non ce l’ha assicurato nessuno. È normale che con lui il rapporto è più avanti perché lo conosco meglio di altri. Conti? Se Daniele gioca ancora oggi forse è anche merito di quello che ha fatto con me quando voleva lasciare il calcio dopo una mia preparazione. L’ho fatto giocare nel ’98, ’99, era ragazzino ma aveva già personalità e in questi anni a Cagliari lo ha dimostrato nonostante potesse sembrare fosse raccomandato dal papà. Qui penso che sarà leader per personalità e qualità, anche se magari qualche espulsione se la potrebbe risparmiare”.
Non poteva mancare il commento sul fallimento della Nazionale Italiana ai Mondiali di calcio. Per Zeman il problema è la venalità dei dirigenti italiani e il lassismo che ha accompagnato tutto il sistema in questi anni in cui la crisi si è fatta sentire anche nel calcio:
“Si parla di cambiare tutto perché i Mondiali sono andati male. Se Italia vinceva una partita non si parlava e non si cambiava. Il calcio italiano non è più dov’era prima perché siamo rimasti un po’ dietro, eravamo quelli che pensavano che non ci può succedere niente, che siamo molto bravi mentre gli altri paesi facevano qualcosa per il calcio. Chi vedrei alla guida dell Figc? Non ho nomi, ma serve uno che ama calcio e non i soldi. Uno che veramente vuole cambiare qualche cosa visto che i risultati non sono soddisfacenti. Il calcio italiano si deve dare una mossa se non vuole fare la fine del mondiale, servono strutture e non parlo solo di stadi, ma anche di campi per ragazzini. Non bisogna pensare solo ai soldi perché altrimenti si finisce male. Non abbiamo approfittato della grande occasione dei Mondiali per fare gli stadi e da allora abbiamo aspettato solo per fare qualcosa ma resta tutto fermo visto che non ci sono Mondiali né Europei programmati in Italia. Riva? Spero di vederlo, era il mio idolo negli anni ’60-’70. Balotelli? Mi dispiace per quello che gli era successo. La prima partita era lui il salvatore della patria, descritto come un fenomeno, ma non ha sbagliato solo lui, non è giusto prendersela solo con lui. Se la squadra non rende non può essere colpa sua ma della squadra”.
E infine un pensiero alla sua vecchia Roma. Un rapporto terminato nel peggiore dei modi, un periodo in cui Zeman non è riuscito ad amalgamare un gruppo e a frenare il malcontento di un giocatore simbolo come De Rossi, spesso accantonato dal tecnico:
«Il rapporto con De Rossi? Forse lui ha sofferto me, non io lui. Si è sempre allenato…Sono quarant’anni che sono nel calcio, non cerco alcuna rivincita. Quando ero alla Roma abbiamo fatto bene, battendo Milan, Inter, Fiorentina…Si diceva che la Roma faceva il miglior calcio d’Italia in quel periodo. E valorizzare tre giocatori che poi hanno portato novanta milioni nelle casse giallorosse…Penso che sia anche un po’ anche merito mio. Totti? Non l’ho ancora sentito, sarà ancora in giro per il mondo…»
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